LA CRITICA DELLA RAGION PURA
Nella Critica della ragion pura si afferma che occorre condurre un'analisi sui fondamenti della conoscenza al fine di appurare quali sono le condizioni di possibilità della scienza e capire se è possibile una metafisica come scienza.
A questo scopo si analizzano le proposizioni della scienza, i giudizi.
In essa si sostiene che i giudizi si distinguono in 3 tipologie:
- ANALITICI: in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto; essi possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere
- SINTETICI A POSTERIORI: in essi il predicato aggiunge novità al soggetto; essi accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti
- SINTETICI A PRIORI: essi accrescono il sapere e sono dotati di universalità e necessità
Nei giudizi sintetici a priori possiamo distinguere
- l'aspetto materiale, ovvero le impressioni sensibili che il soggetto riceve passivamente dall'esperienza (a posteriori)
- l'aspetto formale, ovvero le modalità (a priori) con cui la mente ordina attivamente le impressioni
Rivoluzione copernicana: non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto.
LA DOTTRINA DEGLI ELEMENTI
La Dottrina degli elementi è suddivisa in:
- ESTETICA TRASCENDENTALE
Essa studia la conoscenza sensibile, la quale è passiva e attiva al tempo stesso, infatti riceve dall'esperienza i dati percettivi e li organizza attraverso due forme a priori: lo spazio, ovvero la forma del senso esterno e il tempo, ovvero la forma del senso interno.
- LOGICA TRASCENDENTALE
...la quale è suddivisa a sua volta in:
- Analitica trascendentale, che studia la facoltà dell'intelletto.
Essa consente di unificare le intuizioni sensibili sotto le 12 categorie.
La legittimità della loro applicazione è giustificata con la deduzione trascendentale, secondo cui tutto il processo conoscitivo è fondato sull'io penso, il legislatore della natura, intesa come realtà fenomenica distinta dalla realtà noumenica.
- Dialettica trascendentale, che studia la ragione.
Essa cerca di superare i limiti dell'esperienza attraverso l'unificazione dei dati del senso interno (idea dell'anima); l'unificazione dei dati del senso esterno (idea del mondo); l'unificazione dei dati del senso interno ed esterno (idea di Dio).
LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Nella Critica della ragion pratica si afferma che la legge morale è un fatto della ragione.
E' incondizionata e universale e ha la forma del comando perchè deve contrastare la sensibilità e gli impulsi egoistici.
La ragion pratica coincide con la volontà che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi : le massime, prescrizioni di carattere soggettivo, e gli imperativi, prescrizioni di carattere oggettivo...
...distinti a loro volta in imperativi ipotetici e imperativi categorici.
L'azione è morale quando è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere e soddisfa il principio di universalizzazione, ampliato attraverso le tre formulazioni dell'imperativo categorico, che impongono di agire:
- soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale
- in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo
- in modo tale che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice
La moralità richiede la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore. In essa l'uomo si eleva al di sopra del sensibile e delle leggi di natura. Su di essa si fonda la religione, infatti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica.
L'esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene.
L'immortalità dell'anima garantisce la realizzabilità del sommo bene.
LA CRITICA DEL GIUDIZIO
Nella Critica del giudizio si analizza la facoltà del sentimento (facoltà del giudizio) intesa come organo dei giudizi riflettenti, i quali si distinguono dai giudizi determinanti (dell'intelletto) che determinano l'oggetto fenomenico unificando il molteplice attraverso le categorie dell'intelletto. Essi si distinguono in giudizi estetici e teologici.
Il giudizio estetico nasce dal sentimento (di piacere o dispiacere).
Esso è contemplativo, disinteressato e universale, infatti in tutti gli uomini esiste un senso comune, il quale coglie l'accordo tra l'immagine della cosa e le nostre esigenze di unità e finalità. La bellezza non è nelle cose ma nel soggetto che le percepisce.
Il sublime è il sentimento dell'illimitato e si distingue in sublime matematico, che ha per oggetto la ''grandezza della natura'', e sublime dinamico, che ha per oggetto la ''potenza della natura''.
Il giudizio teleologico deriva da un'esigenza insopprimibile del soggetto, il quale è portato a supporre la presenza di un fine intrinseco nel mondo organico.