lunedì 20 maggio 2019

KANT





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LA CRITICA DELLA RAGION PURA

Nella Critica della ragion pura si afferma che occorre condurre un'analisi sui fondamenti della conoscenza al fine di appurare quali sono le condizioni di possibilità della scienza e capire se è possibile una metafisica come scienza. 
A questo scopo si analizzano le proposizioni della scienza, i giudizi.

In essa si sostiene che i giudizi si distinguono in 3 tipologie:
  1. ANALITICI: in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto; essi possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere
  2. SINTETICI A POSTERIORI: in essi il predicato aggiunge novità al soggetto; essi accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti
  3. SINTETICI A PRIORI: essi accrescono il sapere e sono dotati di universalità e necessità

Nei giudizi sintetici a priori possiamo distinguere
  • l'aspetto materiale, ovvero le impressioni sensibili che il soggetto riceve passivamente dall'esperienza (a posteriori)
  • l'aspetto formale, ovvero le modalità (a priori) con cui la mente ordina attivamente le impressioni

Rivoluzione copernicana: non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto.



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LA DOTTRINA DEGLI ELEMENTI

La Dottrina degli elementi è suddivisa in:
  • ESTETICA TRASCENDENTALE
Essa studia la conoscenza sensibile, la quale è passiva e attiva al tempo stesso, infatti riceve dall'esperienza i dati percettivi e li organizza attraverso due forme a priori: lo spazio, ovvero la forma del senso esterno e il tempo, ovvero la forma del senso interno.

  • LOGICA TRASCENDENTALE
...la quale è suddivisa a sua volta in:
  • Analitica trascendentale, che studia la facoltà dell'intelletto.
Essa consente di unificare le intuizioni sensibili sotto le 12 categorie.
La legittimità della loro applicazione è giustificata con la deduzione trascendentale, secondo cui tutto il processo conoscitivo è fondato sull'io penso, il legislatore della natura, intesa come realtà fenomenica distinta dalla realtà noumenica.

  • Dialettica trascendentale, che studia la ragione.
Essa cerca di superare i limiti dell'esperienza attraverso l'unificazione dei dati del senso interno (idea dell'anima); l'unificazione dei dati del senso esterno (idea del mondo); l'unificazione dei dati del  senso interno ed esterno (idea di Dio).

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LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA

Nella Critica della ragion pratica si afferma che la legge morale è un fatto della ragione.
E' incondizionata e universale e ha la forma del comando perchè deve contrastare la sensibilità e gli impulsi egoistici.

La ragion pratica coincide con la volontà che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi : le massime, prescrizioni di carattere soggettivo, e gli imperativi, prescrizioni di carattere oggettivo...
...distinti a loro volta in imperativi ipotetici e imperativi categorici.

L'azione è morale quando è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere e soddisfa il principio di universalizzazione, ampliato attraverso le tre formulazioni dell'imperativo categorico, che impongono di agire:
  • soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale
  • in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo
  • in modo tale che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice

La moralità richiede la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore. In essa l'uomo si eleva al di sopra del sensibile e delle leggi di natura. Su di essa si fonda la religione, infatti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica.
L'esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene.
L'immortalità dell'anima garantisce la realizzabilità del sommo bene.


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LA CRITICA DEL GIUDIZIO

Nella Critica del giudizio si analizza la facoltà del sentimento (facoltà del giudizio) intesa come organo dei giudizi riflettenti, i quali si distinguono dai giudizi determinanti  (dell'intelletto) che determinano l'oggetto fenomenico unificando il molteplice attraverso le categorie dell'intelletto. Essi si distinguono in giudizi estetici e teologici.

Il giudizio estetico nasce dal sentimento (di piacere o dispiacere). 
Esso è contemplativo, disinteressato e universale, infatti in tutti gli uomini esiste un senso comune, il quale coglie l'accordo tra l'immagine della cosa e le nostre esigenze di unità e finalità. La bellezza non è nelle cose ma nel soggetto che le percepisce.

Il sublime è il sentimento dell'illimitato e si distingue in sublime matematico, che ha per oggetto la ''grandezza della natura'', e sublime dinamico, che ha per oggetto la ''potenza della natura''.

Il giudizio teleologico deriva da un'esigenza insopprimibile del soggetto, il quale è portato a supporre la presenza di un fine intrinseco nel mondo organico.


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HUME

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Hume sostiene che la fonte della conoscenza sono le percezioni che si distinguono in impressioni, ovvero percezioni immediate e vivide, e idee, ovvero immagini illanguidite delle impressioni.


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Per il filosofo la memoria e l'immaginazione consentono di conservare le impressioni e collegare le idee; tuttavia la mente non è totalmente libera perché procede secondo il principio di associazione, il quale opera in base a 3 criteri:
  1. somiglianza
  2. contiguità
  3. causalità

Secondo lui le idee complesse garantiscono
  • una conoscenza certa quando derivano da pure relazioni di idee
  • una conoscenza probabile quando derivano da relazioni tra dati di fatto
...le quali implicano il principio di causalità che deriva da una tendenza soggettiva a cogliere una connessione necessaria tra due eventi successivi e contigui.

La fiducia nella regolarità dei fenomeni è frutto di un'abitudine, da cui deriva la credenza, utile per guidare la condotta umana ma priva di certezza assoluta.

L'etica si fonda sui criteri empirici e sul senso morale, infatti bisogna tenere distinti il piano dell'essere e quello del dover essere.


martedì 2 aprile 2019

LOCKE

Risultato immagine per lockeLocke afferma che le idee non sono innate ma derivano dall'esperienza, in particolar modo dall'esperienza esterna provengono le idee di sensazione, mentre da quella interna provengono le idee di riflessione.
La mente umana è priva di contenuti (come un foglio bianco) e acquisisce gradualmente le conoscenze con il progredire delle esperienze.

Locke distingue le idee semplici da quelle complesse.
Le idee semplici (di sensazione o di riflessione) derivano dalle esperienze elementari e sono dotate di certezza.
Le idee complesse provengono invece dall'elaborazione delle idee semplici e si distinguono in:
  • idee di modi, non sussistono di per sé ma sempre in relazione ad una sostanza
  • idee di sostanze, sono riferite a qualcosa di esistente in sé che funge da sostrato
  • idee di relazioni, derivano dal rapporto istituito tra idee semplici


Egli afferma inoltre che la conoscenza è circoscritta alle certezze sensibili (esterne o interiori) ed è probabile, quindi sufficiente a orientarsi nel mondo ma non assoluta.
Le uniche due certezze non sensibili sono quelle dell'io e di Dio.




TRE CONCETTI A CONFRONTO: SPINOZA, HOBBES E LOCKE

La concezione dello stato di natura e del contratto sociale

Spinoza afferma che nello stato di natura gli uomini hanno diritto illimitato su ogni cosa e possono farsi valere in base alla maggiore o minore ''potenza''.
Per garantire la propria sopravvivenza gli individui devono unirsi in una comunità politica in cui è accresciuta la potenza di vita.

Hobbes afferma che nello stato di natura vige il diritto di tutti su tutto, il quale determina uno stato di ''guerra di tutti contro tutti''.
Per evitare il conflitto e il rischio di estinzione gli uomini devono stipulare un patto di unione con cui rinunciano al proprio diritto naturale. Tale accordo coincide con un patto di sottomissione (contratto fra cittadini), con cui si cede ogni potere ad un sovrano assoluto.

Locke afferma che nello stato di natura vige il diritto di tutti su tutto ma regolato da una legge di natura di tipo razionale che impone di non danneggiare gli altri.
Per garantire il diritto gli uomini stipulano un patto di unione con cui si costituisce una società civile. Tale accordo è ben distinto dal patto di sottomissione (contratto fra cittadini e sovrano), con cui si affida ad un governo il compito di salvaguardare i diritti inalienabili degli individui.


Per Locke occorre tenere distinti l'ambito politico, finalizzato a fare le leggi e a farle rispettare (in esso vale il principio della tolleranza religiosa fondato sul fatto che nessuna religione è superiore alle altre e la fede non può essere imposta con la forza) dall'ambito religioso, finalizzato a soddisfare i bisogni spirituali per cui la Chiesa è una società libera e volontaria.

LEIBNIZ

DUE CONCETTI A CONFRONTO: CARTESIO E LEIBNIZ
Il rapporto tra anima e corpo

Cartesio ritiene che il punto di contatto tra anima e corpo sia nella ghiandola pineale.
Leibniz ritiene che Dio abbia creato le monadi in modo che risultino perfettamente in sintonia secondo un'armonia prestabilita.
Per Cartesio anima e corpo interagiscono in modo meccanico.
Per Leibniz anima e corpo sono monadi distinte ma coordinate le une con le altre all'atto della creazione.


Leibniz afferma che il nostro è il migliore dei mondi possibili, infatti Dio ha scelto il meglio secondo ragione tra infinite possibilità.
La libertà divina coincide con la razionalità.








Egli sostiene una concezione dinamica della realtà, in cui a fondamento della realtà meccanicistica vi è una dimensione sostanziale metafisica: la forza viva, l'essenza delle sostanze individuali.

Risultato immagine per leibnizEgli afferma inoltre che nel mondo vi sono infinite sostanze individuali: le monadi. Esse sono centri di forza semplici, immateriali e privi di estensione. Sono inoltre entità complete e autosufficienti, dotate di capacità rappresentativa.
Vi sono tre tipologie di monadi:
  1. quelle del tutto prive di coscienza
  2. gli animali
  3. gli spinti superiori
Esse sono create da Dio, la monade suprema, il quale pone tra le monadi un'armonia prestabilita, grazie a cui vi è accordo perfetto tra gli eventi che accadono in ciascuna di esse e quelli che accadono nelle altre.



Leibniz elabora un metodo logico per matematizzare il pensiero, cioè per ridurre le operazioni mentali ad un calcolo.
Egli trova una distinzione tra la verità di ragione, le verità necessarie in cui il predicato è implicito nel soggetto da cui può essere dedotto con necessità, riguardanti il mondo della logica e si fondano sui principi di identità e non contraddizione, e la verità di fatto, le verità contingenti in cui i predicati non possono essere dedotti dal soggetto e il cui contrario è sempre possibile, riguardanti il mondo reale e si fondano sul principio di ragion sufficiente.

Leibniz intende giustificare l'ordine del mondo e la giustizia divina attraverso una visione metafisica ottimistica. Egli afferma inoltre che il nostro è il migliore dei mondi possibili nonostante la presenza in esso del male.


Leibniz nei Saggi di teodicea affronta un interrogativo fondamentale:

''Perché Dio, che è causa di tutto, pur essendo onnisciente e onnipotente ha creato il male?''

Egli risponde in questo modo:
  • Dio non poteva creare un mondo perfetto, perché questo sarebbe stato identico a lui. Pertanto nel mondo esiste il male anche se non è predominante sul bene.
  • Il male coincide con la mancanza di essere e di bene e può essere di tre tipi: il male metafisico, il male fisico e il male morale (peccato).

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Egli afferma che la volontà divina si distingue in volontà antecedente: Dio, in termini assoluti, tende unicamente al bene e volontà conseguente: Dio, tenendo conto delle condizioni di realizzazione del bene, tende al meglio possibile.
Dio permette il male in vista del bene.
Ad esempio permette il peccato avendo scelto come bene maggiore di dotare l'uomo di ragione e libertà.



SPINOZA








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Assieme a Cartesio, assume come modello scientifico il metodo matematico e geometrico.
Egli afferma l'unicità della sostanza divina, di cui pensiero ed estensione sono due attributi. Inoltre ammette un'unica sostanza increata, eterna e infinita: Dio. Dio coincide con l'ordine geometrico, necessario e razionale dell'universo.

Per Spinoza la sostanza sul piano ontologico è ''ciò che è in sè'', ovvero che per esistere non ha bisogno di altro.
La sostanza sul piano gnoseologico, invece, è ''ciò che si concepisce per sè'', ovvero che il suo concetto non ha bisogno di altri concetti per essere inteso.
La sostanza si identifica con Dio: è increata, eterna, infinita, unica e indivisibile. Essa coincide con il ''tutto''.

Secondo Spinoza esistono tre gradi di conoscenza:
  • La percezione sensibile (immaginazione), la quale offre rappresentazioni parziali e confuse
  • La ragione, che offre idee chiare e distinte e stabilisce il nesso tra le cause e gli effetti
  • L'intuizione, che coincide con l'amore intellettuale di Dio
Quest'ultimo consente di intuire la suprema unità dell'universo e la struttura della sostanza divina, la quale si articola in attributi, le qualità essenziali della sostanza (pensiero ed estensione), e i modi, le concretizzazioni particolari degli attributi (idee e corpi).

Spinoza sostiene che le passioni e le azioni umane vanno comprese, non condannate o giudicate e devono essere analizzate con metodo geometrico, in quanto sottostanno alle medesime leggi di natura che regolano tutti i fenomeni dell'universo.
In tale prospettiva emerge che l'essenza dell'uomo è il desiderio, ossia lo sforzo di autoconservazione con cui tende a preservare il proprio essere.

Secondo lui l'uomo è condizionato dalla sua natura, tuttavia esso può agire in maniera passiva subendo la schiavitù delle passioni, oppure in maniera attiva assumendo consapevolmente la direzione del proprio essere.
La vera libertà consiste nel controllare le passioni scegliendo quelle davvero vantaggiose.
Esistono due tipologie di passioni:
  1. Gli affetti primari positivi (letizia)
  2. Gli affetti primari negativi (tristezza)
Per conseguire la felicità bisogna conoscere e favorire gli affetti positivi ostacolando quelli negativi.


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Secondo Spinoza lo Stato e la comunità politica sono condizioni di realizzazione dell'individuo.
La ricerca dell'utile è favorita dalla cooperazione sociale, tuttavia lo Stato deve rispettare i diritti naturali degli individui, ossia la libertà di attività nella sfera privata e la libertà di pensiero ed espressione.
Il fine dello Stato è la libertà.


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sabato 9 febbraio 2019

HOBBES E LO STATO ASSOLUTO




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LA PROSPETTIVA MATERIALISTICA

Hobbes elabora una visione materialistica dell'universo in generale e dell'uomo.
Secondo lui i corpi sono l'unica realtà e il movimento è l'unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali.
Da questo punto di vista anche l'attività mentale è ricondotta alla sensazione e al movimento: da questi due fattori derivano le immagini delle cose a cui vengono attribuiti dei nomi che vengono a loro volta connessi nei ragionamenti che fa l'uomo.
Dalle immagini degli oggetti deriva l'immaginazione, che non è nulla di immateriale, in quanto si occupa di connettere le sensazioni.
Collegando il concetto di ''corpo'' con quello ''animato'' e ''razionale'' otteniamo il concetto di ''uomo''; sottraendo ad esso il concetto ''razionale'' otteniamo quello ''animale''.
L'intelletto, per Hobbes, ha una funzione di computazione, in quanto collega i nomi attribuiti alle immagini delle cose grazie al linguaggio, il quale, a sua volta, svolge il duplice compito di memorizzazione e comunicazione.
Il linguaggio consente inoltre alla ragione di operare la generalizzazione necessaria alla costruzione della scienza.
E' grazie al linguaggio che possiamo esprimere il nostro pensiero.
Esso serve a far comprendere agli altri le cose che pensiamo e le connessioni che abbiamo stabilito tra esse.
Nella prospettiva materialistica hobbesiana anche i concetti di bene e di male sono conducibili alla corporeità, identificandosi con ciò che favorisce o danneggia la conservazione fisica dell'uomo.
La libertà, poi, si riduce alla ''libertà di fare ciò che la volontà ha deciso'', e non è mai ''libertà di volere'', essendo la volontà necessitata.


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LA TEORIA DELL'ASSOLUTISMO POLITICO

Le condizioni di benessere, per Hobbes, risiedono nella costituzione di un potere assoluto in grado di regolare e disciplinare gli istinti negativi dell'uomo, caratterizzati per natura di tendenze aggressive ed egoistiche.
Coerentemente con la visione materialistica Hobbes individua alcuni istinti fondamentali, come quello dell'autoconservazione, che spinge gli esseri umani ad agire sempre in vista del proprio utile. anche andando contro gli altri.
E' per questo che nello stato di natura (condizione che precede la formazione delle istituzioni e degli ordinamenti giuridici) regna la ''guerra di tutti contro tutti''. Si tratta di una situazione di massima libertà, ma anche di estrema insicurezza, in cui è messa a repentaglio la vita degli individui: ognuno ha un diritto illimitato sulle cose e non esita di certo ad usare la violenza per ottenerle o difenderle.
L'unica soluzione per uscire da questa situazione misera è seguire la via a noi indicata dalla ragione, la quale prescrive alcune leggi naturali fondamentali. Secondo tali indicazioni è razionale e opportuno che gli uomini sacrifichino i propri diritti naturali e costituiscano una società civile e politica.
A tal fine essi devono stabilire un patto di unione con cui le loro volontà convergono verso un medesimo obbiettivo, ossia la sopravvivenza collettiva; e un patto di sottomissione, grazie al quale cedono i propri diritti e poteri ad un uomo o ad un'assemblea di uomini, in grado di ridurre i diversi voleri ad una sola volontà.
Si tratta di un qualcosa di più di un semplice accordo.
Lo Stato (o Leviatano) che ne deriva ha un potere assoluto: esso deve emanare le leggi e farle rispettare punendo severamente chi le trasgredisce, ma non è obbligato ad obbedirvi a sua volta, essendo il patto stipulato dai sudditi tra loro e non con il sovrano. Esso ha inoltre il pieno controllo sulle azioni e opinioni di tutti e stabilisce i criteri del bene e del male.
Tuttavia, lo Stato ha anche dei limiti, in quanto non può emanare ordini che mettano a repentaglio la vita o l'incolumità fisica dei sudditi (sarebbe contrario al suo scopo di tutela della loro sicurezza), e deve lasciare un margine di libertà agli individui nella loro sfera privata.


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La preferenza del filosofo è per la monarchia, per motivi di carattere pratico che egli sostiene con validi argomenti: non c'è motivo di pensare che il re agisca per i propri interessi a scapito di quello pubblico; il re può prendere le sue decisioni in totale segretezza, mentre nei gruppi più numerosi le informazioni più importanti possono raggiungere il popolo creando dissensi dannosi al bene comune.
Per quanto riguarda la religione, Hobbes ritiene che il sovrano debba assumere anche la suprema autorità religiosa perché, una volta riconosciuto il suo potere assoluto, non si può ammettere un'altra autorità indipendente che ne contrasti il dominio.

martedì 25 dicembre 2018

IL DUALISMO CARTESIANO

Per Cartesio le verità scientifiche possono ingannarci. Così afferma di avere un dubbio iperbolico, cioè totale e completo; ma non può dubitare di sè stesso che sta dubitando. Io sono la prima verità ''io che sto dubitando sarò pure qualcosa''. Penso dunque di esistere ''cogito ergo sum''.
Il 'Cogito'' non è un ragionamento di tipo sillogistico; è un'intuizione che balza immediatamente agli occhi del soggetto quando questo dubita di ogni verità. 


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La certezza a cui giunge Cartesio è che ''io esisto'', ma come ''cosa'' pensante. 
Resta da dimostrare l'esistenza di me come corpo, delle cose fuori di me. Lo dimostra partendo dall'unica verità trovata: essere una ''cosa pensante'' (=res cogitans).
Nella mia mente trovo delle idee che si possono raggruppare in tre tipi:
  1. idee fattizie
  2. idee avvertizie
  3. idee innate
Il filosofo le mette tutte in dubbio per dimostrare l'esistenza di me come corpo.
Le idee fattizie sono costruite da noi stessi, come ad esempio l'idea del cavallo alato o delle sirene; non servono a garantire il mondo.
Le idee avvertizie, che ci provengono dall'esterno, possono essere illusorie, frutto del genio maligno.
Le idee innate, che non possono derivare dall'esterno o da una mia creazione, cioè che sono già dentro di noi. Come idee innate troviamo l'idea di Dio, sia esterna che interna.


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Qual'è la causa di quest'idea visto che si trova già dentro di noi? Chi ha messo dentro di noi l'idea di Dio? 
Cartesio ipotizza l'io, ma quando parliamo di cause ed effetto, ogni causa deve essere adeguata all'effetto che produce; una causa minore, inferiore, non può produrre un effetto più grande di lei. Ipotizza che possa essere stato qualcos altro (suora, prete, madre), ma non può essere un altro uomo per lo stesso principio di prima.
Se fossi io (imperfetto, limitato, mortale, ecc) ad aver prodotto l'dea di Dio nella mia mente ci sarebbe una causa inferiore che produce qualche cosa di più grande di lei. E' impossibile che sia io ad aver prodotto l'idea di Dio.
Bisogna quindi trovare una causa adeguata all'idea di Dio, causa grande tanto quanto (oppure maggiore) rispetto all'idea di Dio.
Qua'è l'unica causa possibile per l'idea di Dio nella mia mente?
L'unica causa possibile è solo Dio; egli è la causa adeguata che ha posto l'idea di sè stesso nella mia mente. 
In conclusione Dio esiste. Tutto ciò viene affermato nel primo argomento. Nel secondo argomento, che completa il primo, afferma che se per assurdo fossi stato io a creare l'idea di Dio, perchè non darmi anche tutte le sue perfezioni?
Poichè io non sono perfetto quanto Dio, non posso essere causa della sua idea di me. Dio esiste.
Nel terzo argomento  cita la prova ontologica di Sant'Anselmo, Dio è essere perfetto e se è perfetto no può mancargli nulla, neppure l'esistenza. Dio esiste necessariamente poichè esiste ed è infinitamente buono, egli mi ha creato con gli strumenti per cogliere la realtà (sensi e intelletto) e ha creato anche la realtà.
Dio è ''garanzia'' dell'esistenza nel mondo, ma non può venire dall'intelletto. Però ci può essere un errore: l'errore però non può venire dall'intelletto. Esso deriva dalla fretta che abbiamo nel giudicare le cose: esso viene dalla volontà. Per evitare l'errore è necessario dichiarare vero solo ciò di cui siamo certamente sicuri, ciò che è evidente. 
Tutto ciò che si estende in uno spazio; il mondo esterno è ''res extensa''. Esso rappresenta una realtà autonoma ed è dotato di una natura del tutto differente rispetto all'anima.
Per Cartesio la conoscenza dipende dall'intelletto; con il ''cogito'' fonda la propria esistenza e l'esistenza del mondo. Essa appartiene alla posizione filosofica del razionalismo.
Sono filosofi razionalisti Cartesio, Spinozza, Leibniz.
Secondo questa posizione del 1600 è la mente che fonda la conoscenza.

Il dualismo cartesiano afferma che il puro pensiero è del tutto indipendente dai processi fisiologici: quanto il nostro corpo muore, l'anima non viene lesa, ma rimane in vita come lo era anche prima della nostra nascita.
Cartesio definisce ''automatici'' i movimenti che il nostro corpo può compiere senza l'intervento della volontà.
Secondo lui gli animali costituiscono il chiaro esempio di esseri viventi automatici: bete-machine (bestia-macchina). Invece gli uomini esprimono il proprio pensiero in modo chiaro e preciso.
Gli animali sono molto simili alle macchine, mentre noi uomini siamo liberi.